San Cristóbal de Las Casas, il cañón del Sumidero e San Juan Chamula!

SC3 L’ultima tappa del mio viaggio in Chiapas e Quintana Roo mi ha portato ancora una volta in Chiapas. C’ero già passato all’andata fermandomi a Palenque, Agua Azul e Misol Ha, però mi mancava una parte fondamentale di questo stato: San Cristóbal de Las Casas. San Cristóbal è una città abbastanza grande arroccata nel mezzo della Sierra Madre del sud, o Sierra Madre del Chiapas, si trova a circa 2200 metri di altezza e senza usare un giro di parole è uno dei posti più belli che abbia mai visitato nella mia vita. Qui mi trovo alla fine del mio viaggio quasi, e dopo aver fatto oltre 3000 Km in bus in un tempo relativamente breve e le forze iniziano a scarseggiare. Ma nonostante questo mi organizzo per vedere il più possibile. Sì, perché San Cristóbal non significa solo la bellezza e la particolarità di questo posto, ma anche la natura che lo circonda e le tradizioni degli indigeni del posto. Così dopo aver passato il primo giorno in giro per la città tra Zocalo (la piazza principale) e le chiese di San Cristóbal, la cattedrale, la chiesa di Santo Domingo, la Iglesia de Guadalupe, il mercato in cui ho mangiato uno dei Chiles rellenos più buoni di sempre (pagato 35 pesos, cioè meno di 2€) e aver dato infiniti giri al centro ascoltando la musica e le storie degli artisti di strada, ho deciso di esplorare il Cañón del Sumidero. In poche parole il cañón è un canyon, sul fondo del quale passa un fiume. Le opzioni sono 2: o vederlo dall’alto o prendere una barca e immergersi in uno spettacolo disarmante. Io ho optato per quest’ultima. Il tour consiste in un giro di 2 ore nel quale si attraversa un pezzo relativamente corto di questo fiume (che nasce nello stato di Tabasco e arriva fino in Guatemala), forse la parte più suggestiva. In certi punti la roccia a lato del canyon raggiunge anche i 1000 metri di altezza. Immaginatevi cosa significa stare lì nel mezzo di questa cosa che a parole è davvero difficile spiegare. Durante il percorso poi si entra in contatto con la fauna locale: uccelli di vario tipo, falchi, pellicani, un parente stretto dell’avvoltoio e addirittura coccodrilli. Incluso nel tour c’è la visita a Chiapa de Corzo, dove una temperatura di 36 gradi a marzo mi ha veramente fatto vacillare. Fortuna che la bevanda tipica della zona: il pozol (composta da acqua, mais e cioccolato) mi ha ridato un po’ di freschezza ed energia. La sera e la notte a San Cristóbal sono speciali. Il colore che c’è al tramonto sarà uno dei ricordi più belli del viaggio. Ma come sempre le cose più belle che uno si porta dentro sono gli incontri con le persone. El flaco. Un viaggiatore, ora un amico, che mi ha regalato questa riflessione: “Siempre intento ser el mejor pero siempre habrá alguien que quiere bajarte de nivel. El chiste es encontrar la manera de sentirse siempre a gusto, no satisfecho, porque la satisfacción es para mediocres. La vida me enseñó que hay algo bueno también en las desaventuras.”

Cristóbal López Hernandez, detto el flaco

La traduzione è più o meno così: “Cerco sempre di essere il migliore in tutto ciò che faccio, ma sempre ci sarà qualcuno che cercherà di sminuirti. Il punto è trovare il modo di sentirti sempre “a gusto” (questo è intraducibile dal mio punto di vista :P), non soddisfatto, perché la soddisfazione è dei mediocri. La vita mi ha insegnato che c’è sempre qualcosa di positivo anche nelle disavventure.” L’ultimo giorno invece l’ho passato a San Juan Chamula, e qui le cose si complicano perché descrivere ciò che succede all’interno della chiesa principale è davvero tosto. Non si possono fare foto né video. San Juan Chamula è uno dei pueblos più ribelli di tutto il Messico, e in questo posto oltre alla legge “normale” vige una legge detta di usos y costumbres per cui la comunità può decidere anche contro la legge ufficiale. Per esempio, se fai una foto a qualcosa che non devi ti spaccano il cellulare e se protesti rischi anche cose peggiori. Entrando in chiesa il pavimento è cosparso di erbe che mi ricordano aghi di pino. C’è un odore strano, simile all’incenso mescolato con la cera sciolta. La chiesa è molto povera e alterna altari ufficiali ad altari un po’ più rustici, improvvisati composti da una serie di candele una a fianco all’altra disposte su più file. Di fronte alle candele gruppi di indigeni locali vestiti come fossero in un altro mondo, anche se in quel momento ero io, e tutti quelli come me ad essere in un altro mondo. Parlano una lingua strana che mi dicono chiamarsi tzotzil. È la lingua locale di cui io non riesco a capire nemmeno una parola. La usano tra di loro ma la usano anche durante i loro rituali in cui passano sopra le candele bottiglie di cocacola, fanta e sprite. Poi una gallina. Di lì a poco verrà sacrificata. Bevono in piccoli bicchieri e a piccoli sorsi il contenuto della bevanda che alternano quasi come ci fosse un copione da seguire. A volte spargono il liquido tra le candele. Per maggiori dettagli su quello che succede a San Juan Chamula vi invito a leggere il racconto dell’amico Alberto Bile --> QUI <-- Per il resto quello che posso dire è che la persona che esce da quella chiesa non è la stessa che è entrata. In quella chiesa qualcosa ti cambia. Le ultime ore a San Cristóbal le ho passate con una tristezza che non mi sapevo spiegare. Una voglia di rimanere là senza un perché. Mi avevano avvisato prima di andare: “Seguro vas a querer quedarte”. L’ultima cosa che mi porto via da San Cristóbal è l’incontro con un artista di strada che suonava il violino nella calle principal. Non so il suo nome, non mi è parso interessante chiederlo in quel momento. Forse non sapere il nome lo rende anche più interessante no? Di sicuro rente più interessante la storia di un ragazzo argentino che come vita ha scelto il viaggio e per vivere ha deciso di condividere con gli altri qualcosa che sa fare bene: suonare il violino. Questo l’ultimo capitolo di un viaggio durato due settimane e fatto di oltre 4 mila chilometri, varie notti in autibus, e varie notti senza dormire in un letto vero. Un viaggio che mi avevano sconsigliato (non per i posti, ma per la modalità) ma che rifarei altre mille volte.
  Nos vemos amigos

Diario di bordo: 394 giorni dall’arrivo

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