Il mio primo anno in Messico!

TaC L'11 marzo di un anno fa, più o meno alle 20 ora locale un boeing della Lufthansa proveniente da Francoforte toccava terra dopo aver sbagliato il primo atterraggio e avermi fatto cagare addosso dalla paura. A terra ad aspettarmi, la mia nuova vita. Una vita che non conoscevo, che mi spaventava a morte, ma che allo stesso tempo ero incredibilmente ansioso di iniziare. Sono arrivato con una valigia e un biglietto di ritorno che in quel momento ero abbastanza convinto di usare. La valigia c'è ancora, con le stesse cose, in un anno non sono aumentate, in più c'è solo Malú, la chitarra che ho comprato qualche mese fa. Quasi nulla è cambiato dal punto di vista di numero di oggetti. Il motivo? Perché non sono le cose che fanno di un viaggio un vero viaggio, ma tutto ciò che impari durante il percorso. Un altro motivo è che non sai mai dove sarà la prossima tappa e quindi bisogna sempre essere pronti alla partenza. Da quando ho lasciato l'Italia la mia idea di vita è diventata questa: tutto ciò di cui ho bisogno deve entrare in una valigia. Un anno fa arrivavo in un paese di cui tutto il mondo parla male, un paese "pericoloso", senza lavoro, senza conoscere la lingua né la cultura. Non dimenticherò mai le persone che hanno riso o storto il naso quando gli raccontavo del progetto. Non dimenticherò mai nemmeno tutte le persone che al contrario mi hanno appoggiato. Per lo più sconosciuti che leggono quello che scrivono, e che forse, senza conoscermi, riescono a capire attraverso le mie parole la bellezza delle cose che sto vivendo qui. Un anno fa le cose erano molto diverse. Avevo al mio fianco una persona che pensavo fosse incredibile. Immaginazione, e il tempo infatti mi ha smentito. Avevo appena iniziato il mio business personale e professionalmente i risultati scarseggiavano. Un anno fa avevo paura. In un anno ho imparato a conoscermi, a conoscere i miei limiti, a non mollare mai nemmeno quando a migliaia di chilometri da casa mi sono sentito solo e l'unica cosa che avrei voluto sarebbe stato l'abbraccio di mia madre o il sorriso di un amico. In un anno ho capito che a volte lo schema si può rompere, che la vita non è proprio come vogliono che la viviamo. Ho imparato che un lavoro deve essere ciò che ci permette di vivere, non il 100% della nostra vita. Ho imparato che se credi davvero in quello che fai anche gli altri ci crederanno e sarà più facile fargli vedere il mondo attraverso i tuoi occhi. Un anno fa avevo una gastrite da stress che ora finalmente è solo un ricordo lontano...in compenso però l'ho sostituita con gastrite da chile. In un anno ho imparato che spesso le prime impressioni non sempre rappresentano la realtà. Ho imparato che prima di parlare bisogna conoscere, e anche se conosci, a volte, è bene tacere. Ho scoperto la bellezza di un paese troppe volte massacrato dalle parole di chi non lo conosce. Un paese che non è per nulla facile, ma che se lo sai prendere, ti tratta da re, regalandoti cose che non ti saresti mai nemmeno immaginato. Ho conosciuto persone splendide, creato relazioni che spero possano durare tutta la vita. Allo stesso tempo ho sacrificato cose che mi mancano tutti i giorni. Ho sacrificato gli spritz con gli amici, il mare d'inverno, la mia moto, un tramonto in laguna, le assemblee in Piazza Maggiore il giovedì e il sabato, la lettura in pausa pranzo in Piazza Santo Stefano, le camminate a San Luca, i giri in barca e le persone che amo. Fin da piccolo però mi hanno insegnato che non si può avere tutto nella vita e che per ogni cosa c'è un tempo. Forse per me questo è il tempo di godere di questa incredibile esperienza, a volte sentendo un po' di malinconia e nostalgia, ma con la consapevolezza che quello che sto facendo mi rende incredibilmente felice e orgoglioso. Qualche giorno fa ho raccontato la mia storia su un altro blog e una persona ha commentato così il mio articolo: "E' un articolo carino che pone il problema del capire per cosa si è fatti: una fuga perenne o la stabilità? O un compromesso fra le due, se mai esiste? O magari il problema è più psicologico che materiale?"  La mia risposta è stata questa: "Esattamente Raffaele. Io credo che ci sia un tempo per tutto, un tempo per capire e un tempo per stabilizzarsi e più che fuga la chiamerei desiderio di conoscenza. Non parlerei nemmeno di problema, parlerei di irrequietezza e quella senza dubbio è 100% psicologica. Sai, alcune persone possono trovare la felicità nel cambio perenne, la "stabilità" non è l'unica maniera di vivere credo 😀" Conoscersi è la cosa più bella del mondo, e io in quest'anno, più o meno ho capito tutto questo. E credo che molto lo devo a questo straordinario paese che ogni giorni mi ruba un pezzo di cuore e lo nasconde tra le sue migliaia di segreti e bellezze che custodisce gelosamente. Mi considero sempre all'inizio del mio viaggio, so che molte cose devono ancora succedere, ma per il momento questo è stato il mio primo anno in Messico, se sarà il primo di molti solo la mia storia potrà dirlo 😀 Nos vemos amigos!

Diario di bordo: 366 giorni dall'arrivo

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